Fallimento troppo lungo? Il Creditore può chiedere i danni

La “Legge Pinto” (legge 24 marzo 2001, n. 89) disciplina il diritto di richiedere un’equa riparazione per l’irragionevole durata di un processo, incluse le procedure concorsuali. Secondo la Corte di Cassazione, a tal riguardo, in ambito fallimentare la durata ragionevole di una procedura è da stimarsi in un termine massimo di 7 anni.

Orbene, che fare se una Procedura dovesse durare oltre tale termine?

Il Creditore danneggiato può convenire in giudizio il Ministero della Giustizia per il ristoro dei danni patiti.

L’irragionevole durata del processo va calcolata avendo riguardo, quale dies a quo, al decreto con il quale ciascun creditore sia stato ammesso, in via tempestiva o tardiva, al passivo. Solamente dal momento dell’ammissione definitiva al passivo, del resto, i creditori subiscono gli effetti dell’irragionevole durata della procedura concorsuale, rimanendo per essi irrilevante la durata pregressa della procedura, alla quale sono rimasti estranei.

Sulla scorta di quanto sopra, ad esempio il Triunale di Napoli in data 15 dicembre 2019, nel caso di un fallimento durato addirittura 19 anni e 7 mesi, ha condannato il Ministero della Giustizia a risarcire i creditori per il periodo eccedente la ragionevole durata di un fallimento (stimata in 7 anni), ossia per 12 anni e 7 mesi.