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ENTRO QUANDO LA BANCA DEVE FORNIRE AL CORRENTISTA GLI ESTRATTI DEL CONTO CORRENTE BANCARIO?

COMMENTO A CURA DELLA DR.SSA ARIANNA PROSERPIO

Con la decisione n. 6887 del 03/05/2022 il Collegio di Coordinamento dell’Arbitro Bancario Finanziario ha affermato il principio di diritto per cui “il diritto del titolare di un conto corrente bancario ad avere copia dei relativi estratti è limitato al periodo degli ultimi dieci anni”.

L’art. 119 T.U.B., rubricato “Comunicazioni periodiche alla clientela”, all’ultimo comma stabilisce che “Il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell’amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni. Al cliente possono essere addebitati solo i costi di produzione di tale documentazione”.

Nel caso di specie il Collegio remittente aveva evidenziato che nel conto corrente bancario gli estratti conto possono essere redatti esclusivamente dalla banca e, di conseguenza, il cliente si trova in una posizione di svantaggio dal punto di vista della conoscenza dei contenuti di tali documenti. In virtù del principio generale di buona fede, la banca sarebbe gravata da un obbligo di collaborazione documentale e da un obbligo di protezione nei confronti del correntista. Il Collegio remittente sottolineava, inoltre, che il diritto del cliente ad avere copia della documentazione non potrebbe riguardare soltanto una frazione temporale del rapporto contrattuale tra le parti in considerazione della peculiare unitarietà del conto corrente bancario e che, nel caso in cui si ritenesse applicabile l’art. 119 TUB, tale disposizione dovrebbe essere interpretata nel senso che il cliente avrebbe diritto agli estratti dei conti correnti bancari che sono stati definitivamente chiusi nei dieci anni che precedono la sua richiesta.

Il Collegio di Coordinamento, con la decisione di cui si tratta, ha innanzitutto rilevato un contrasto tra i collegi territoriali:

– con svariate decisioni il Collegio di Roma aveva affermato che: “La produzione di estratti conto non è soggetta al limite decennale di cui all’art. 119, ult. comma, t.u.b. e l’intermediario è tenuto a consegnare alla ricorrente la documentazione anteriore” (Collegio di Roma, decisioni n. 5781 del 3 marzo 2021; n. 6137 del 7 marzo 2021; n. 3274 del 28 febbraio 2020; n. 24320 del 6 novembre 2019);

– altri Collegi territoriali, invece, avevano ritenuto che il termine decennale fosse applicabile anche alla richiesta di copia degli estratti del conto corrente (Collegio di Milano, n. 3844 del 16 febbraio 2021; Collegio di Torino, decisioni n. 18396 del 21 ottobre 2020 e n. 19840 del 26 settembre 2018; Collegio di Palermo, decisione n. 10511 del 12 giugno 2020; Collegio di Bologna, decisione n. 16516 del 12 dicembre 2017).

Il Collegio di Coordinamento, nel dirimere la questione, ha rinviato alla precedente decisione n. 15404 del 22/06/2021, la quale ha ritenuto preferibile che l’art. 119 ultimo comma TUB venga applicato anche agli estratti conto conformemente alla recente giurisprudenza di legittimità.

BONIFICO EFFETTUATO A IBAN SBAGLIATO, E’ POSSIBILE CONOSCERE I DATI DEL RICEVENTE?

COMMENTO A CURA DELLA DOTT.SSA ARIANNA PROSERPIO

Con la decisione n. 6886 del 03/05/2022 il Collegio di Coordinamento dell’Arbitro Bancario Finanziario ha stabilito la possibilità di conoscere i dati anagrafici o societari del beneficiario di un bonifico disposto indicando erroneamente l’IBAN del ricevente. 

La decisione risulta essere di notevole rilevanza dal momento che il Collegio di coordinamento decide i ricorsi che riguardano questioni di particolare importanza o che hanno generato contrasti interpretativi tra i Collegi territoriali. Inoltre, il Collegio di coordinamento stabilisce principi di diritto che i Collegi territoriali sono tenuti a seguire per decidere futuri ricorsi sulla medesima questione. 

Nel caso di specie il Collegio ha enunciato i seguenti principi di diritto:

1. “quando a causa dell’erroneità dell’IBAN l’ordine di bonifico sia stato eseguito a vantaggio di un terzo non legittimato a riceverlo, il pagatore ha il diritto di conoscere dal prestatore di servizi di pagamento dell’accipiens i dati anagrafici o societari di quest’ultimo”;

2. “in tal caso, il prestatore di servizi di pagamento dell’accipiens non può invocare la tutela della privacy al fine di giustificare il suo rifiuto di comunicare al pagatore i dati anagrafici o societari del proprio correntista”.

Entriamo ora nel dettaglio della decisione. 

Il Collegio ha ritenuto che è necessario che il pagatore possa conoscere l’identità del ricevente in modo tale da poter concretamente pretendere la restituzione dell’indebito pagato. Nel caso di specie, infatti, non può ritenersi prevalente l’esigenza di tutelare il c.d. segreto bancario dal momento che altrimenti si incorrerebbe nella violazione del precetto di solidarietà sociale sancito dall’art. 2 Costituzione.

Le Disposizioni di trasparenza della Banca d’Italia hanno previsto che “per ogni operazione di pagamento eseguita, rientrante o meno in un contratto-quadro, l’intermediario consegna tempestivamente al pagatore e al beneficiario una ricevuta contenente rispettivamente le seguenti informazioni: a) per il pagatore, un riferimento che gli consenta di individuare ogni operazione di pagamento e, se del caso, le informazioni relative al beneficiario”. Il 2° comma dell’art. 24 del Dlgs n. 11/2010 statuisce che: “il prestatore di servizi di pagamento del beneficiario è tenuto a collaborare, anche comunicando al prestatore di servizi di pagamento del pagatore ogni informazione utile”.

Tali disposizioni consentono di ritenere che il pagatore abbia diritto di conoscere dal prestatore di servizi di pagamento del ricevente i dati anagrafici o societari di quest’ultimo. Le informazioni contenute nell’ordine di bonifico (nome del beneficiario, causale del versamento) possono invero risultare utili per dimostrare il carattere indebito del pagamento effettuato. 

Per quanto concerne il c.d. segreto bancario, il prestatore di servizi di pagamento del ricevente non può invocare la disciplina del trattamento dei dati personali al fine di giustificare il suo rifiuto di comunicare al pagatore i dati anagrafici o societari del proprio cliente. Il Collegio ha infatti evidenziato che ai sensi dell’art. 9, paragrafo 2, lett. f), GDPR, il trattamento di “categorie particolari di dati personali” non è vietato quando esso sia “necessario per accertare, esercitare o difendere un diritto in sede giudiziaria o ogniqualvolta le autorità giurisdizionali esercitino le loro funzioni giurisdizionali”. Anche la giurisprudenza di legittimità ha affermato che “l’interesse alla riservatezza dei dati personali deve cedere a fronte della tutela di altri interessi giuridicamente rilevanti, tra i quali l’interesse, ove autentico e non surrettizio, all’esercizio del diritto di difesa in giudizio” (Cass., 13 dicembre 2021, n. 39531).

Truffe bancarie: il Vishing

La truffa bancaria nota come Vishing consiste in una falsa chiamata da un sedicente operatore della banca con l’intento di ottenere i dati sensibili del conto home banking dell’utente.

Esempio concreto. Il cliente riceve una telefonata da un ignoto interlocutore, che si qualifica come funzionario della banca, e invita telefonicamente l’utente a digitare alcuni dati o ad autorizzare operazioni sull’applicazione home banking.

Cosa fare in questi casi: avvertire subito la banca.

Ricorda che:  tutte le perdite derivanti da operazioni di pagamento non autorizzate sono imputabili al cliente che abbia agito in modo fraudolento o non abbia adempiuto agli obblighi concernenti l’utilizzo dello strumento di pagamento contrattualmente previsti.

Contestazioni in materia bancaria e onere della prova

Tribunale di Sondrio, 12 giugno 2020, n. 134

  • IUS VARIANDI

Tale facoltà presuppone la stipulazione di un contratto contenente l’indicazione delle condizioni economiche applicabili al rapporto, in assenza della quale non può ritenersi validamente operante il meccanismo di modifica unilaterale previsto dall’art. 118 T.U.B. E’ onere dell’attore allegare quali sarebbero le specifiche proposte di modifica in peius da ritenersi illegittime e il motivo della ritenuta illegittimità.

  • INDICE EURIBOR

Spetta alla parte attrice allegare e dimostrare la concreta incidenza sul singolo contratto dell’applicazione del tasso euribor richiamato, nonché soprattutto l’adesione della banca convenuta all’asserita intesa anticoncorrenziale vietata dalla normativa europea, e in particolare dall’art. 101 TUE, recepita nel diritto nazionale dalla L. n. 287/1990 (c.d. cartello interbancario): mancando tale allegazione e prova, tali doglianze non possono che giudicarsi infondate.

  • CLAUSOLA FLOOR

L’attore ha l’onere di allegare quali sarebbero le conseguenze pregiudizievoli derivanti nel caso concreto dalla presenza ed operatività di una tale clausola: una simile doglianza non può essere posta in modo generico, “lasciando al giudicante l’onere (non spettante) di interpretare in che modo la clausola avrebbe inciso sulla posizione giuridica dei contraenti”. Secondo l’orientamento maggioritario della giurisprudenza di merito (v. ex multis Tribunale Bologna sez. III, 08/02/2018, n. 20123; da ultimo Trib. Forlì, sent. 461/2020 in Iusletter 26.6.2020), l’inserimento di una simile clausola non è in grado di modificare la natura e la funzione di finanziamento sottesa ai relativi contratti, “attesa la sua evidente e manifesta funzione precipua di evitare una diseconomia per il soggetto finanziatore, il quale ha già “acquistato” e messo a disposizione del cliente la provvista in danaro, mettendola al riparo da fluttuazioni del mercato finanziario nel medio-lungo periodo, che renderebbero l’operazione antieconomica per l’operatore professionale bancario”.

  • USURA BANCARIA

La contestazione in tema di usura deve essere specifica ed analitica, non potendosi genericamente riferire all’indicazione del tasso di interesse, essendo necessario indicare la pattuizione originaria e le somme pagate ogni anno a titolo di interessi, diversamente, la genericità della tesi della parte non consente di ritenere pacifica l’esistenza della usurarietà, risolvendosi nella sollecitazione allo svolgimento di una CTU esplorativa (Cass. ord. n. 2311/2018).

Articolo per Centro Anomalie Bancarie

Pubblicato da Centro Anomalie Bancarie un commento sul tema della nullità del mutuo fondiario scritto insieme al Dott. Congiusti:

LA NULLITÀ DEL MUTUO FONDIARIO NELLA GIURISPRUDENZA DEL TRIBUNALE DI MONZA di Avv. Edoardo Colzani e Stefano Congiusti

In questo articolo gli autori commentano la sentenza del 05 ottobre 2018 della Dr.ssa Mariconda del Tribunale di Monza che si è espressa sul tema del mutuo fondiario facendo chiarezza in ordine all’attuale prevalente orientamento giurisprudenziale.

Usura Bancaria: in astratto o in concreto?

E’ argomento difensivo spesso utilizzato dalle Banche quello per cui la verifica dell’usurarietà di un contratto debba condursi non soltanto sul programma negoziale, come è stato previsto, ma anche come è stato attuato nello svolgimento successivo, con la conseguenza che sono del tutto giuridicamente irrilevanti gli scenari non verificatisi nè mai più verificabili (ad esempio applicazione degli interessi di mora).

A tale tesi si può agevolmente controbattere, richiamando il dato testuale dell’art. 644 cp: è necessaria la verifica del supero del tasso “soglia” nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti.

Se dunque per la legge penale basta a configurare il reato di usura la promessa, va da sè che, contrariamente a quanto sostiene la banca, debbano essere considerata anche tutte le ipotesi eventuali che non si sono concretamente verificata ma si sarebbero in astratto potute realizzare.

E del resto va ricordato che l’usura è reato di pericolo che punisce anche la sola promessa di pagare costi usurari: ne consegue che ai fini della sussistenza dell’illecito usurario (penale o quanto meno civile) è sufficiente la semplice stipula della clausola senza necessità che il fatto ivi ipotizzato si concretizzi (danno), ovvero senza la necessità che il cliente paghi il costo (TAEG) usurario convenuto; dunque  l’effettiva datio non ha alcuna rilevanza giuridica e costituisce un quid pluris, che può esservi o meno, rispetto ad un illecito già perpetrato, poiché “quando la promessa del corrispettivo, in tutto o in parte, non viene mantenuta, il reato si perfeziona con la sola accettazione dell’obbligazione rimasta inadempiuta.

In buona sostanza, il “pericolo” proprio dell’usura e“la potenzialità” di incassare costi usurari, costituiscono un binomio inscindibile nell’ottica della normativa antiusura.

Arbitro Bancario e Finanziario

L’ABF rappresenta una strada alternativa rispetto all’ordinario contenzioso in Tribunale allorchè si tratti di instaurare una controversia nei confronti di una banca o di un intermediario finanziario.

I pregi di questo strumento alternativo di risoluzione dei conflitti sono rappresentati dai costi più contenuti, dalle procedure più snelle e dai tempi più veloci.

Per informazioni info@avvocatocolzani.it

 

Taeg e Indice Sintetico di Costo: obbligatori nei contratti?

Per quanto ne dicano le Banche, che contestano l’esistenza di obblighi di trasparenza a loro carico prima della delibera CICR 2003 e della relativa circolare esplicativa, l’indicazione del TAEG nei contratti deve ritenersi obbligatoria sempre e dunque anche prima del 2003. 

L’obbligo di indicazione del TAEG decorre infatti non dalla delibera CICR 04.03.2003 ma dalla data di entrata in vigore della legge 154/1992, allorché venne istituito per la prima volta, agli articoli 2 e 4, l’obbligo per le banche di indicare il tasso effettivo globale praticato.

L’articolo 2 in particolare prevede che gli intermediari sono tenuti a esporre nei locali aperti al pubblico il testo della legge n. 154 e gli avvisi sintetici, nonchè a mettere a disposizione della clientela i fogli informativi analitici.

Le informazioni da rendere pubbliche, salvo ulteriori precisazioni previste dalle istruzioni della Banca d’Italia, per le operazioni e i servizi indicati nell’elenco allegato alla legge n. 154, sono le seguenti:

  1. la denominazione dell’intermediario;

  2. il tasso massimo per le operazioni attive e quello minimo per le passive;

  3. la misura degli interessi di mora per le operazioni attive;

  4. le valute applicate, per l’imputazione degli interessi attivi e passivi, fermo restando quanto disposto dall’art. 7 della legge n. 154;

  5. il prezzo e le altre condizioni praticate per i servizi indicati nell’elenco allegato alla legge n. 154 ovvero nelle disposizioni della Banca d’Italia;

  6. l’importo delle spese per le comunicazioni alla clientela;

  7. il rendimento effettivo dei titoli di propria emissione finalizzati alla raccolta di risparmio, nonche’ i parametri predeterminati in base ai quali tale rendimento può eventualmente variare;

  8. ogni altro onere o condizione di natura economica, comunque denominati, gravanti sulla clientela per le operazioni e i servizi indicati nell’elenco allegato alla legge n. 154 ovvero nelle disposizioni della Banca d’Italia.

A tal proposito, vale ricordare anche il contenuto dell’art. 117 T.U.B. Che al comma 4 prevede espressamente che I contratti indicano il tasso d’interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora.‘Italia.

In buona sostanza, la delibera del 2003 non fa altro che esplicitare quanto già previsto dalla disciplina del 1992.