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Verso una regolamentazione delle criptovalute?

*CONTRIBUTO A CURA DELLA DR.SSA ARIANNA PROSERPIO*

Con il disegno di legge N. 2572 della XVIII LEGISLATURA di iniziativa della senatrice Elena Botto – Disposizioni fiscali in materia di valute virtuali e disciplina degli obblighi antiriciclaggio il Legislatore nazionale si propone di regolamentare le valute virtuali per accellerarne la diffusione nel campo dei finanziamenti in capitale di rischio e degli investimenti delle imprese.Il disegno di legge definisce la valuta virtuale come una rappresentazione di valore digitale che non è emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non è necessariamente legata a una valuta legalmente istituita, non possiede lo status giuridico di valuta o moneta, ma è accettata da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio e può essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente (art. 1 comma 2 lett. a – 2 ddl).L’art. 2 del disegno di legge si occupa delle Misure fiscali in materia di valute virtuali prevedendo modifiche: 

  • agli artt. 44 (Redditi di capitale), 67 (Redditi diversi) e 68 (Plusvalenze) del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (DPR n. 917/1986);all’art. 4 comma 3 – Dichiarazione annuale per gli investimenti e le attività – del DL n. 167/1990 (Rilevazione a fini fiscali di taluni trasferimenti da e per l’estero di denaro, titoli e valori); all’art. 19 – Disposizioni in materia di  imposta  di  bollo  su  conti  correnti, titoli, strumenti e prodotti finanziari nonché su valori “scudati” e su attività finanziarie e immobili detenuti all’estero – del DL n. 201/2011 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici).

In particolare, al fine di stabilire l’imponibilità ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fi­siche delle plusvalenze derivanti da opera­zioni che comportano il pagamento o la conversione in euro o in valute estere si fa riferimento art. 2 comma 1 lett. b – 3 ddl: l’imponibilità è subordinata alla condizione che il contribuente possieda valute virtuali per un controvalore superiore a 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi continui.Si prevede, inoltre, l’introduzione di una norma di ridetermina­zione dei valori di acquisto delle valute virtuali su base opzionale: il contribuente potrà versare un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi basata su aliquote progressive e ottenere così il riconoscimento fiscale, quale valore di acquisto, del valore al 1° gennaio 2022. Il comma 11 prevede un’esimente da sanzioni per l’omesso monitoraggio fiscale nei periodi d’imposta precedenti a quello in cui è posta in essere la rideterminazione dei valori, a condizione che nella dichiarazione dei redditi relativa al 2021 presentata nel 2022 il contribuente provveda ad indicare le valute virtuali interessate nel quadro RW per il monitoraggio fiscale e adotti a tal fine (…) il nuovo valore rideterminato quale controvalore di riferimento

Le criptovalute davanti al TAR

La tassazione delle criptovalute finisce davanti al TAR. Le Associazioni Assob.it – Associazione delle imprese attive nella Blockchain in Italia e Associazione Blockchainedu hanno infatti richiesto l’annullamento del provvedimento adottato dall’Agenzia delle Entrate riguardante l’Approvazione del modello di dichiarazione REDDITI 2019 PF con le relative istruzioni, che le persone fisiche devono presentare nell’anno 2019, per il periodo d’imposta 2018, ai fini delle imposte sui redditi.

Le associazioni in questione hanno contestato la tesi dell’Agenzia delle Entrate per cui le criprovalute vanno indicate nella dichiarazione dei redditi delle persone fisiche, sul presupposto dellla illegittimità delle istruzioni per la compilazione del modello 2019 laddove al rigo 14 del quadro RW (relativo agli investimenti all’estero e attività estere di natura finanziaria) ha previsto l’obbligo di indicare anche le altre attività estere di natura finanziaria e valute virtuali.

Il TAR, sulla base di una interpretazione strettamente letterale della normativa fiscale attualmente in essere ha respinto il ricorso evidenziando che:

1) Gli atti con i quali, nell’approvare le istruzioni per la compilazione del Modello Unico Persone Fisiche 2019, si indicano come da inserire nel quadro RW, tra i redditi finanziari di provenienza estera, anche le valute virtuali, non hanno natura costitutiva della corrispondente obbligazione tributaria, ma sono meramente ricognitivi di obblighi dichiarativi già esistenti, come definiti ai sensi degli artt. 1 e 4 del DL 167/1990, convertito in l. 227/1990 (modificati dal dlgs 90/2017) e nei relativi limiti.
2) Il trattamento fiscale dell’utilizzo delle criptovalute opera in forza della natura delle operazioni poste in essere mediante detti valori (oltre che, naturalmente, in base alla natura dei soggetti utilizzatori e delle relative attività, imprenditoriali o meno), laddove (e nella misura in cui) detto utilizzo generi materia imponibile.

Operazioni in criptovaluta

La seconda sezione della Cassazione Penale con la sentenza n.26807/2020 ha chiarito che le valute virtuali sono prodotti di investimento e che in quanto tali le stesse sono assoggettabili alla normativa in materia di strumenti finanziari.

Ne consegue che “laddove la vendita di bitcoin sia reclamizzata come una vera e propria proposta di investimento, trattasi di attività soggetta agli adempimenti di cui agli artt. 91 e seguenti TUF”.

L’omissione di detti adempimenti integra la sussistenza del reato di abusivismo finanziario di cui all’art. 166 comma 1 lettera c) TUF.

Consob su Binance

Si riporta direttamente dal sito di Consob (comunicato stampa 15 luglio 2021):

COMUNICATO STAMPA

La Consob avverte i risparmiatori che le Società del “Gruppo Binance” non sono autorizzate a prestare servizi e attività di investimento in Italia, nemmeno tramite il sito http://www.binance.com le cui sezioni denominate “derivatives” e “Stock Token“, relative a strumenti correlati a cripto-attività, sono risultate in precedenza redatte anche in lingua italiana.

Si richiama, quindi, l’attenzione del pubblico su tale circostanza e si invitano, più in generale, i risparmiatori a usare la massima diligenza al fine di effettuare in piena consapevolezza le scelte di investimento verificando preventivamente che i siti internet mediante i quali si effettua l’investimento siano riconducibili a soggetti autorizzati.

Si invita, inoltre, a prestare la massima cautela nell’effettuare operazioni su strumenti correlati a cripto-attività (crypto-asset) che possono comportare la perdita integrale delle somme di denaro utilizzate e si raccomanda di attenersi sempre alla regola generale di considerare l’adesione a proposte contrattuali solo quando se ne abbia un’adeguata comprensione e solo quando siano assistite da informazioni chiare e complete anche sull’identità della controparte contrattuale che si propone eventualmente come prestatore di un servizio.

È, in ogni caso, importante che i risparmiatori siano informati che le operazioni su strumenti correlati a cripto-attività possono presentare rischi non immediatamente percepibili, per la loro complessità, per l’elevata volatilità dei prezzi di tali strumenti nonché per i malfunzionamenti e gli attacchi informatici cui possono essere soggette le infrastrutture informatiche utilizzate per tali operazioni.

Criptovalute e contenzioso – i primi casi

E’ recente la notizia di un contenzioso promosso dal alcuni trader nei confronti di Binance in relazione a disguidi della piattaforma che avrebbe impedito ai traders, in un momento estremamente delicato per il mercato delle criptovalute (in occasione di alcune dichiarazioni diElon Musk cui seguì una spaventosa volatilità del mercato al rialzo), di accedere al loro account dove avevano delle posizioni aperte in negoziazioni di future di criptovalute.

Questa falla di sistema, in realtà, non sarebbe stata l’unica.

Non solo. Sembrerebbe addirittura che Binance abbia offerto servizi di trading in strumenti finanziari, – come i Futures – senza essere autorizzato in Europa ad operare come impresa di investimento in conformità con il quadro stabilito dalla direttiva 2014/65/UE (la “MiFID 2″) e che nessuna licenza equivalente è stata concessa a Binance per svolgere tali servizi in altre giurisdizioni non UE, come, ad esempio, in Svizzera”

Consob e criptovalute

Nell’incontro annuale con il mercato finanziario, il prof. Paolo Savona ha approfondito il tema delle criptovalute, parlando di una “emergenza delle innovazioni finanziarie”. Secondo il Presidente della Consob l’avvento delle criprovalute avrebbe generato incertezza tecnica e giuridica, così da non consentire più di distinguere in che cosa oggi consistano legalmente la moneta e i prodotti finanziari.

Partendo dal presupposto che il mercato usa un metro diverso da quello della normativa esistente, Savona ha auspicato un intervento normativo volto a regolamentare il fenomeno delle criptovalute in quanto tali nuovi strumewnti creano nuovi problemi al funzionamento dei mercati per le relazioni che instaurano con gli strumenti tradizionali e digitalizzati, rendendo difficile la loro regolamentazione e sorveglianza, con conseguenze distorsive sull’attività di produzione e scambio.

Il Presidente Consob ha in particolare affermato:

L’attuale sistema degli strumenti criptati si regge sulla convinzione e convenzione dominanti tra privati, che ignorano il
ruolo centrale che svolge nel buon funzionamento del mercato la natura legale della moneta come unico mezzo di scambio e di liberazione dei debiti. La volontà espressa in più sedi dalle autorità di governo di voler cogliere le opportunità delle innovazioni tecnologiche non va intesa come un’accondiscendenza verso la perdita di trasparenza del mercato, ma la volontà di un suo recupero facendo uso delle stesse innovazioni finanziarie; perciò l’attitudine favorevole alle nuove tecniche va accompagnata con norme chiare sulla nascita e sugli scambi degli strumenti criptati e sui loro intrecci tra attività/passività monetarie e finanziarie tradizionali, siano esse già digitalizzate o meno, come guida indispensabile per gli operatori che gestiscono la liquidità e i risparmi.

Criptovalute e successione

In caso di morte, che succede al patrimonio del de cuius che sia costituito da criptovalute? Molto spesso si pone per gli eredi il problema di accedere ai device, agli account e ai beni digitali del defunto. Tale problema si pone anche per le criptovalute.

Orbene, in caso di ACCOUNT PRESSO ISTITUTI BANCARI/INTERMEDIARI ON LINE ove gli eredi non abbiano possibilità di recuperare le password di accesso agli account del de cuius dovranno formulare una apposita richiesta all’intermediario ai sensi di legge.

Ben più complesso e problematico è invece il caso di DETENZIONE DI CRIPTOVALUTE ATTRAVERSO SOFTWARE WALLET: in tal caso le possibilità di acquisizione del suo possesso sono estremamente ridotte.

Criptovalute e conferimenti societari

E’ discussa la possibilità di conferimento di criptovalute in occasione della costituzione delle società e dell’aumento del capitale sociale.

Le problematiche nascono innanzitutto per la natura stessa delle criptovalute, per alcuni versi assimilabile a quella della moneta tradizionale, per altri versi a quella di beni in natura – la normativa nazionale, salvo un riferimento in ambito di antiriciclaggio, non è per nulla chiara. Anche in ambito europeo la situazione presenta ancora profili di incertezza tanto che l’Autorità Bancaria Europea ha auspicato un intervento delle istituzioni europee per la regolamentazione delle monete virtuali.

Allo stato attuale sembra pacifico che le monete virtuali non possano essere poste sullo stesso piano del denaro. Conseguentemente, le partecipazioni sociali non possono essere liberate con criptovaluta.

E’ tuttavia possibile il conferimento in società delle monete virtuali come bene in natura.

Le criptovalute possono costituire un elemento attivo idoneo al conferimento nel capitale societario. Esse devono essere considerate come beni immateriali e sottoposte a una valutazione economica. Ai sensi dell’art. 2464 comma 2 c.c. infatti possono essere conferiti tutti gli elementi dell’attivo suscettibili di valutazione economica.

Occorre dunque, ai fini del conferimento, l’attestazione del valore con una perizia di stima – attestazione non semplice da realizzare, tuttavia, in quanto non esiste un mercato certificato delle valute virtuali. Le criptovalute portano un rischio aggiuntivo al comune rischio di impresa, rappresentato da un capitale sociale solo apparente e non effettivo.

Ad ogni buon conto, si segnala che ai sensi dell’art. 2464 comma 6 c.c. il conferimento può anche avvenire mediante la prestazione di una polizza di assicurazione o una fideiussione bancaria.

Blockchain e Smart Contracts

Segnalo questo evento, a cui parteciperò, trattandosi di tematica di grande interesse per il mio Studio Legale: https://www.blockchainforumitalia.com/ita-programma-2019/

Bitcoin e profili di rischio: brevi cenni

Il fenomeno dei bitcoin sconta in Italia l’assenza di regolamentazione.

A farne le spese sono gli utenti, che possono, pertanto, trovarsi esposti a  ingenti perdite economiche dovute a condotte fraudolente degli operatori o ancor peggio al fallimento delle piattaforme on-line di scambio presso cui vengono custoditi i portafogli digitali personali.

I rischi in capo all’utente attengono alla mancanza di adeguata informazione oltre che di trasparenza.

Le piattaforme di scambio dei bitcoin sono esposte a elevati rischi operativi e di sicurezza. E del resto, le stesse non sono tenute ad alcuna garanzia di qualità del servizio, né devono rispettare requisiti patrimoniali o procedure di controllo interno e gestione dei rischi, con conseguente elevata probabilità di frodi ed esposizione al cybercrime.